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Lo scopo di questo blog è far conoscere al pubblico, ai pazienti ed ai colleghi interessati, l’attività della Rianimazione dell'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia, ASL NA 3 SUD; offrendo loro la possibilità di conoscere risorse infermieristiche ed esperienze facili ed utili da fruire.

2° Concorso Letterario 2009 IPASVI Ragusa

DUE VITE APPESE A UN FILO
Il nostro centro di rianimazione è stato inaugurato nel maggio 2005, da anni si aspettava la sua apertura per cui infermieri e medici, sin dal battesimo, si sono rimboccati le maniche con dedizione ed abnegazione, in linea con il principio di Joyce Trovelbee: “L 'assistenza ai malati è un processo di relazione interpersonale nel quale l'infermiere aiuta un individuo, una famiglia o la collettività a prevenire la malattia, la sofferenza o perlomeno aiuta ad assimilare esperienze di malattia e di sofferenza e, se necessario, a trovarsi un significato"; consapevoli di giocare, giorno dopo giorno una partita difficile. Era una notte di mezza estate, ci contattarono dall’UTIC dell’ospedale di Sorrento per il ricovero di una giovane donna, che in mattinata aveva dato alla luce una splendida bambina all’ospedale di Vico Equense ed era stata vittima di un infarto le cui condizioni risultavano gravissime al punto di disporre di un ricovero in rianimazione. Il caso era più grave del dovuto, la giovane Sonia era in anuria già da dodici ore, subito chiedemmo la consulenza cardiologica, la frazione di iezione era intorno al 15%, con una spiccata ipotensione. La diagnosi fu fatta dopo non poche difficoltà, si trattava di una “Miocadiopatia Dilatativa Peripartum”: una rara forma di patologia, ad etiologia sconosciuta, caratterizzata da insufficienza cardiaca congestizia, che si sviluppa nella fase avanzata della gravidanza o nei primi 5 mesi dopo il parto. Può presentarsi in donne di 18-41 anni d’età. Le manifestazioni cliniche sono generalmente secondarie a sovraccarico di volume, ad elevata pressione di riempimento ventricolare e a ridotta gittata cardiaca. Non esiste trattamento specifico, ma mirato alla riduzione della sintomatologia [1-2]. L’incidenza di morte è alta, variando tra il 25 ed il 50% dei casi. La prognosi dipende dalla gravità della funzione ventricolare sinistra e non si esclude, in alcuni casi, il ricorso al trapianto cardiaco. Fatta la diagnosi, da parte della famiglia fu contattato un luminario della scienza medica che ai familiari, non diede nessuna speranza. Il caso di Sonia, emotivamente coinvolse tutti noi che assistevamo la giovane mamma, sapendo che il nostro lavoro ed i nostri sforzi erano inutili. I medici appontarono subito una terapia d’urto, al letto di Sonia non c’era più spazio, erano più di dodici le pompe infusionali che goccia dopo goccia iniettavano farmaci nel torrente ematico: noradrenalina; dobutamina; dopamina; furosemide; midazolam; remifentanil ecc…; sebbene i farmaci, la pressione arteriosa non superava gli 80/50 mmHg. ed intanto gli esami ematochimici manifestavano un’ insufficienza renale acuta ingravescente. Il caso era proprio disperato, l’aspetto emodinamico era ormai stazionario, quello che preoccupava di più era l’insufficienza renale che non poteva essere trattata con l’emodialisi a causa dell’ipotensione, ed intanto, Sonia dopo quattro giorni di ricovero aveva avuto un incremento ponderale di quindici Kg. Intanto, arrivavano notizie dalla TIN della piccola Virginia, cominciava a migliorare, stavano cominciando a fare le prove per staccarla dal respiratore. Per Sonia, c’era bisogno di un miracolo, i concittadini tutti di Nocelle, frazione di Positano, paese natale di Sonia, organizzarono una fiaccolata ed una veglia di preghiera per chiedere l’aiuto Divino affinché due vite appese ad un filo potessero salvarsi [3]. Il primario dispose di eseguire la tracheotomia, che avrebbe migliorato la respirazione aggravata da un versamento pleurico bilaterale; i reni, nonostante la spinta dei farmaci e la pressione accettabile non producevano più di 150 cc. d’urina. Potevano essere circa le 20.00, mi recai in ospedale perché avevo dimenticato le chiavi del motorino nell’armadietto spogliatoio; sentii un gran trambusto in reparto, i colleghi ed i medici erano tutti impegnati per Sonia in preda ad un grave edema polmonare, desaturava continuamente, la ventilavano con il circuito va e vieni con ossigeno a 10 litri al minuto. Indossai la divisa ed accorsi per dare un aiuto, sembrava ormai non ci fosse più niente da fare, nel frattempo giunse il dottore Coppola, doveva fare la notte, un tipo pragmatico che sogna di fare il rianimatore pediatra, osserva la scena, mi chiama in disparte e mi dice: “ penso che con tutti questi liquidi in eccesso, il cuore di Sonia non possa reggere, vorrei iniziare un trattamento di ultrafiltrazione e decapneizzazione, ti trattieni?”. Non me lo feci dire due volte, subito preparai per l’incannulamento di una vena femorale e cominciai a montare il kit per l’emofiltrodecapneizzatore, il programma del dottore Coppola prevedeva di sottrarre almeno quattro litri di ultrafiltrato in quattro ore e per le successive venti ore cambiare il trattamento con un emodiafiltrazione con un’ulteriore perdita di altri due litri[4]. Viste le condizioni di Sonia attuare questo piano terapeutico era molto rischioso, ma ormai eravamo ad un bivio e qualcosa di drastico bisognava fare. Quella sera non andai a casa, nelle prime ore la pressione continuava a scendere fino a quando riuscimmo a trovare un equilibro che ci consentì di continuare il trattamento. In quattro giorni riuscimmo a far raggiungere a Sonia il suo peso secco, ma la situazione non migliorava, i reni comunque non filtravano erano ormai trascorsi ventisei giorni di coma e sospesa la sedazione, Sonia non si svegliava. Il primario, in accordo con il marito decise di far venire in reparto la piccola Virginia che Sonia aveva messo al mondo senza neanche poterla vedere. Incredibile, la piccola Virginia riuscii dove la medicina non era riuscita ad arrivare: far risvegliare la madre dal coma [5-6]. Un vero e proprio miracolo, Sonia usciva da quel terribile tunnel grazie anche a quel legame unico che lega la madre ai propri figli, quel legame che ti da la forza di vincere giorno dopo giorno le sfide della vita. Vedere una madre che abbraccia la propria figlia, dopo aver conosciuto la morte, è la massima espressione della felicità umana. Star bene con noi stessi e star bene con gli altri: sono le due facce della medaglia della felicità. Felicità non è un insieme di stratosferiche sensazioni di euforia, ma una profonda serenità causata dal sapere dove si sta andando e perché. Essere felice significa forse avere dei motivi per vivere come un’avventura il tempo del divertimento e quello della fatica. Paradossalmente si può essere felici perfino quando si soffre, se si è convinti che la durezza dell’esperienza conduca a qualcosa di importante. A tutti appartiene la dimensione spirituale; l’attrazione dell’infinito che avvertiamo con forza quando ci sentiamo destinati a non morire a non perdere davvero chi amiamo o i risultati di un duro lavoro. La dimensione spirituale è la forza che ci spinge a cercare la verità, a trovare il significato delle nostre esperienze, a rispondere alle domande di senso. E’una forza che induce a non fermarsi all’apparenza, ad andare oltre ciò che si vede e si tocca.

Bibliografia:
1. Sliwa K, Damasceno A, Marossi BM, Circulation, 2005 Dec 6; 112(23) :3577-83.
2. Mehta NJ; Metha RN, Khan IA, Angiology. 2001 Nov; 52(11):759-62.
3. Positano News anno 2 n° 4 dicembre 2007.
4. Sucre M.J., Donnarumma G., Vitelli G., Cirillo A., Coppola A., De Nicola A.,- Prime positive esperienze con la decapneizzazione veno-venosa a bassi flussi nell’insufficienza respiratoria severa. XVII Congresso in Anestesia Napoli 30 Nov. 2007.
5.Visto n° 52 del 28/12/2007.
6. Di Tutto n° 47 del 03/01/2008.