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Lo scopo di questo blog è far conoscere al pubblico, ai pazienti ed ai colleghi interessati, l’attività della Rianimazione dell'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia, ASL NA 3 SUD; offrendo loro la possibilità di conoscere risorse infermieristiche ed esperienze facili ed utili da fruire.

“ASCOLTO NEL SILENZIO” RIANIMAZIONE A MISURA D’UOMO
Premio Cinque Stelle 2006
Introduzione
Da tempo l’O.M.S. raccomanda l’umanizzazione dei percorsi sanitari riscrivendo in modo più articolato la definizione del concetto di salute, intendendola non più come assenza di malattia ma come stato di benessere psico-fisico.
In questo clima di evoluzione un’unità operativa con pazienti ad alta criticità non poteva non intraprendere, fin dall’inizio, un percorso che favorisse il modello di cura bio-psico-sociale. Nel maggio 2005 nell’ospedale San Leonardo dell’ASL NA5, nasce la nuova ala tecnologica riservata all’U.O.C. di Anestesia e Rianimazione. In tale unità operativa si concentrano le attività a maggiore criticità, un’équipe multidisciplinare lavora affinché i pazienti ed i loro familiari possano ricevere tempestivamente cure adeguate e sostegno per vivere in modo meno traumatico ed invasivo l’evento critico. La rianimazione è tradizionalmente una struttura "chiusa", presenta regole d'accesso molto restrittive e l'ingresso e la presenza dei familiari sono limitati. Questa "chiusura" è evidente, anche sul piano fisico (assenza di contatto diretto col paziente, uso di camice, mascherina, guanti, ecc.) e relazionale (comunicazione compressa, frammentata o addirittura abolita tra paziente, équipe e familiari). Sembra dunque prevalere l'idea che la riduzione o l'abolizione dei contatti con il proprio mondo degli affetti sia il necessario e ragionevole prezzo da pagare per benefici nettamente superiore, quali la vita e la salute. Con la rianimazione “aperta”, di contro, i problemi non mancano: aumento del rischio d'infezioni per il paziente, interferenze con le cure, maggior carico di lavoro per l'équipe medico-infermieristica, aumento del livello di stress per pazienti e familiari. L’apertura verso l’esterno fa nascere l’esigenza di rimettere in gioco ritmi e regole che appartengono ad una radicata e rassicurante tradizione, pone l’accento sulla necessità di un cambiamento culturale e sulla necessità di una seria riflessione sul senso e la qualità dei rapporti con il paziente e la sua famiglia.(1) La Rianimazione del San Leonardo integra i due aspetti, di “chiusura” e di “apertura”, in modo da poter garantire da un lato in uno spazio chiuso controllato ed a basso rischio di infezioni il massimo delle cure e dall’altro uno spazio aperto adeguato alle esigenze dei familiari definito “spazio-famiglia”, luogo in cui i familiari possano confortevolmente attendere il momento del colloquio con l’equipe multidisciplinare, costituita da medici, psicologi ed infermieri e successivamente il momento della visita al parente degente. Il trait d’union tra i due spazi, chiuso ed aperto, è un terzo spazio uno spazio mentale comune a tutti gli operatori della rianimazione i quali sentono che bisogna preservare la possibilità dei familiari di essere intorno a sostegno del proprio caro e la possibilità del paziente di essere al centro di un legame di affetto profondo e solidale. (2,3) Questo lavoro rappresenta una possibilità di confronto e di verifica dell’attività svolta in poco più di dieci mesi da questa unità operativa.
Il progetto prende in considerazione tutte le attività svolte per assicurare al paziente l’umanizzazione della cura ed il comfort di degenza ospedaliera ed ai familiari l’accoglienza ed il sostegno adeguati.
Metodologia
Il progetto segue due fasi: la prima si basa sull’organizzazione spaziale e sull’acquisizione di risorse tecnologiche, la seconda sull’analisi e sullo sviluppo dell’accoglienza e del sostegno bio-psico-sociale.
1° fase - La Rianimazione ha valenza dipartimentale e l’apertura della nuova ala tecnologica amplia la disponibilità di ricovero dell’ospedale di otto posti letto. Il reparto è organizzato attorno ad un’area di lavoro a controllo centrale con una strumentazione all’avanguardia: ventilatori, apparecchiature per la dialisi, sistemi extracorporei per il controllo della temperatura, letti-bilancia con sistema antidecubito, apparecchiature in grado di effettuare tutti i moderni trattamenti per aumentare la sopravvivenza dei pazienti a rischio elevato. Oltre al reparto di degenza altamente tecnologico e con un accesso rigidamente regolamentato, è stato pensato e strutturato un luogo dedicato ai familiari, si tratta di uno spazio di circa 90 m2 attrezzato per rendere più confortevole la permanenza e l’attesa con divani, sedie, biblioteca, frigobar, dispenser di generi alimentari, televisore e lettore DVD con la proiezione ciclica di un filmato/documentario sull’organizzazione e sulle attività clinico-assistenziali svolte in reparto.
2° fase – L’elettronica e le macchine, fortemente presenti in rianimazione, creano una barriera fra i familiari ed il paziente: da un lato l’unità operativa a connotazione supertecnologica dall’altro l’ambiente familiare profondamente umano carico di sofferenza, pathos, senso di impotenza con una profonda destrutturazione dei ruoli.(4) I termini accoglienza e ospitalità sono molto ricchi e suggestivi per indicare le modalità della relazione con l'altro, anche in un contesto ospedaliero. Ma come possono tradursi in gesti o atteggiamenti concreti nella realtà particolare della rianimazione? Nella Rianimazione del San Leonardo, si vuole creare un legame tra la Medicina e la Psicologia con lo scopo di gestire con maggiore sensibilità la sofferenza ed il disorientamento dei pazienti in carico e delle loro famiglie. I pazienti nella fase di risveglio sono irrequieti ed angosciati, non ricordano gli eventi accaduti, non sanno dove sono; nelle fasi successive possono soffrire molto il distacco dalla famiglia e la permanenza cosciente in un reparto di terapia intensiva. I parenti vengono messi sempre a conoscenza delle condizioni del paziente, degli obiettivi terapeutici e delle opzioni alternative e possono testimoniare la volontà espressa dal proprio caro circa gli interventi di rianimazione e la donazione degli organi. Nel reparto i familiari possono entrare, sia pure con limiti di orario, possono toccare, possono in qualche modo sentirsi partecipi ed in qualche modo parte integrante ed attiva del percorso di cura. I familiari desiderano quante e più informazioni possibili sul decorso della malattia, anche per fronteggiare l’imprevista situazione stressante.(5) Ciò è parte integrante del lavoro di chi opera in rianimazione: impiegare molto tempo ed energie per ascoltare, cercare di entrare in sintonia, capire esattamente che cosa le persone chiedono e che cosa non vogliono sentire, trovare il coraggio e le parole per parlare di ciò che ognuno di noi tende abitualmente ad escludere dalla conversazione e dal pensiero. Di fondamentale importanza il contesto ambientale in cui collocare l’evento della comunicazione, un colloquio in un luogo appartato e senza motivi di distrazione consente ai familiari di concentrarsi sulle informazioni che vengono date, di elaborarle e di esprimere i propri sentimenti permettendo così la costruzione di una relazione empatica con l’équipe curante. Questa è la premessa per un rapporto solido con i familiari e la strada per ridurre al minimo le possibilità di essere "violenti" nelle comunicazioni, oppure inadeguati, lontani e distaccati.(6) Non si tratta di scegliere se informare, ma di capire che cosa dire, come dirlo e quando dirlo. Nel nostro reparto vengono ricoverati un gran numero di pazienti in coma: si tratta di persone che sono passati in brevissimo tempo da uno stato di benessere ad una condizione di imminente pericolo di vita. Se in un altro reparto il paziente ed i suoi familiari possono avere un approccio graduale all'evoluzione della malattia, in terapia intensiva ci si trova ad affrontare delle situazioni in cui la vita dei pazienti e dei loro familiari è sconvolta nel giro di pochi minuti. In questo contesto, il rapporto con i familiari è indubbiamente problematico: spesso si tratta di persone che hanno visto il proprio marito, la moglie o il figlio, uscire da casa per andare al lavoro o a cinema e che dopo qualche ora si trovano attoniti di fronte ad un medico sconosciuto che dice loro che il proprio caro è ricoverato in condizioni gravissime. Si devono fronteggiare reazioni emotive spesso tumultuose che vanno dalla negazione, alla rabbia, alla proiezione sul proprio interlocutore della responsabilità di ciò che è successo, facendone quasi il colpevole. La comunicazione con il paziente è impossibile, la comunicazione con i familiari è ostacolata dalle loro emozioni e dalle reazioni soggettive alla malattia. I vissuti di ansia, rabbia, depressione ed i meccanismi di difesa inconsci riducono la collaborazione e favoriscono una regressione ostile. Questi sentimenti vengono accentuati dall’isolamento fisico del malato, dall’apparato tecnologico che lo sovrasta e dal senso di impotenza che i familiari vivono trovandosi nell’impossibilità di svolgere un ruolo attivo nel processo terapeutico. I fattori emotivi ostacolano la comunicazione fra curanti e familiari producendo una reciproca difficoltà nel decodificare i messaggi ed un continuo fraintendimento tra chi dà e chi riceve le informazioni (il familiare non capisce, il medico non capisce perché il familiare non capisce, il familiare non si sente ascoltato e capito dal medico). Ciò aumenta la frustrazione creando tensioni in una situazione già ricca di emozioni e sentimenti negativi. La posizione del corpo, i gesti, il tono della voce, le espressioni del viso possono veicolare messaggi diversi da quelli verbali, incongruenti, aumentando il rischio di fraintendimento se, invece, la comunicazione non verbale segue il messaggio verbale rende la comunicazione più efficace ed anche se penosa più empatica e contenitiva. Anche il silenzio può essere inteso come una forma di comunicazione che rende superflua o troppo pericolosa in quel momento la parola. Una stretta di mano e lo sguardo possono comunicare sostegno e partecipazione e richiedere poco tempo e minimo sforzo. Il rapporto fra familiari ed équipe curante si trasforma in un'alleanza terapeutica, cioè in una condivisione dell'azione terapeutica, solo se gli obiettivi sono esplicitati chiaramente e condivisi unanimemente fra tutti gli operatori. Un approccio che privilegi gli aspetti tecnici della cura trascurando i contenuti antropologici annulla l’importanza della comunicazione interpersonale come veicolo di informazione e come strumento di aiuto e di supporto psicologico.
Risultati e Valutazioni
Essendo una rianimazione nuova nata già con i presupposti di attuazione di un intervento bio-psico-sociale non è stato possibile confrontare il metodo attuato con dati precedenti di controllo si è pensato di valutare l’efficacia del trattamento in base alla sua capacità di riduzione dell’ansia misurata attraverso i contatti extratrattamento, individuati come indicatori d’ansia manifesta, analizzati sul fattore tempo ed attraverso la qualità percepita analizzata con la somministrazione di un questionario anonimo.
- Variabile indipendente = Trattamento:
• colloquio di accoglienza al primo accesso durante il quale si instaura una relazione di tipo empatico e collaborativo.
• colloquio giornaliero medico - psicologico di durata adeguata al tipo di richiesta sollevata dalla famiglia.
• supporto multidisciplinare durante l’accesso diretto in reparto.
• possibilità di colloqui psicologici di sostegno individuali, familiari, o di gruppo.
- Variabile dipendente = Contatti Extratrattamento:
• numero di telefonate in reparto da parte di medici di base o familiari;
• numero di richieste di colloquio con il Primario della Rianimazione;
• numero di familiari che pernottano nello “Spazio-famiglia”.
- Fattore tempo = tre periodi di 90 giorni:
• 1° trimestre;
• 2° trimestre;
• 3° trimestre.
I grafici mostrano la progressiva riduzione del numero di contatti extratrattamento con azzeramento dei contatti telefonici dei medici di base ed una diminuzione di quelli da parte dei familiari.

Permanenza notturna dei familiari nello spazio famiglia; n/notte

1° trimestre 10
2° trimestre 5
3° trimestre 1



Numero di colloqui chiesti al primario; n/settimana

1° trimestre 21
2° trimestre 10
3° trimestre 3


Telefonate in reparto da parte dei medici di base; n/giorni

1° trimestre 8
2° trimestre 0
3° trimestre 0


Telefonate in reperto da parte dei familiari; n/settimana

1° trimestre 105
2° trimestre 21
3° trimestre 10

Si suppone che i dati riportati siano frutto di un adeguato lavoro di accoglienza, cura e sostegno proposto dall’équipe multidisciplinare pur con la consapevolezza che altre variabili interferenti, non prese in considerazione, possano aver in qualche modo influenzato i risultati.
Riflessioni finali e Piani futuri
Quello che emerge dallo studio è l’esigenza manifestata dai familiari di diminuire la sofferenza data dal distacco dal proprio congiunto. L’obiettivo dovrebbe quindi essere quello di garantire un maggior coinvolgimento del parente, compatibilmente con le esigenze del reparto. E’ risultato che il linguaggio comprensibile usato dal personale medico ed infermieristico per comunicare informazioni di carattere generale (stato di coscienza, alvo, diuresi, esami clinici, esigenze del paziente, ecc.) oltre a migliorare i livelli di comprensione contribuisce ad abbattere le invisibili barriere che la sofferenza innalza. Ma quali sono i veri fattori limitanti? La mancanza di tempo? Il livello di stress e burn-out degli operatori? La mancanza di una adeguata formazione culturale e scientifica? Il nostro impegno è quello di smussare ulteriormente gli angoli ed aprirci alle richieste di aiuto dei nostri utenti con umiltà e professionalità. Già progettato, in linea con la politica di sostegno e relazione umana è un sistema composto da web-cam per dare la possibilità ai soli congiunti di avere un contatto visivo con il proprio caro da casa o durante i colloqui con l’équipe, e con p.c. portatili di dare la possibilità ai pazienti coscienti di comunicare in tempo reale con la propria famiglia anche se distante. Si desidera in questo modo annullare minimizzare ogni forma di barriera, sia essa fisica o mentale, affinché i confini della cura diventino permeabili al calore delle esistenze.
Riassunto
Il nostro progetto prevede la realizzazione di un reparto dove la cura sia unita ad un’efficace rete di accoglienza e sostegno per l’umanizzazione dei percorsi sanitari altrimenti oggettivanti. Il supporto umano, personalizzato e costante non deve più essere il frutto di personali disposizioni di operatori comprensivi, con un evidente carico emotivo su questi ultimi, ma il risultato di un lavoro progettato ed attuato in scienza e coscienza, con la consapevolezza che la cura è diretta ad esseri umani che, maggiormente in situazioni di destabilizzazione e dipendenza, hanno il diritto di mantenere integra la loro dignità e volontà di essere. Nella Rianimazione del “San Leonardo” è stato modificato l’assetto classico delle unità intensive permettendo ai familiari l’accesso diretto, seppur regolamentato, al reparto. In più un’équipe multidisciplinare sostiene i pazienti ed i loro familiari, nel percorso di cura, attraverso colloqui informativi sullo stato di salute e colloqui di sostegno per evidenziare e sostenere le problematiche, generalmente ansioso-depressive, che emergono in contesti ospedalieri ad alto rischio. Il sostegno emotivo è anche espresso attraverso uno spazio accogliente destinato ai familiari dei pazienti del reparto. In più passi successivi si vedrà la costituzione di una rete informatica con web-cam e p.c. portatili che permetterà ai pazienti ed ai familiari di avere più contatti a distanza. La cura e la professionalità posta alla base del processo comunicativo indicano quanto l’essere umano nella sua totalità sia centrale nel percorso di cura seguito. Lavorando con questo modello si evidenzia che una valida comunicazione, puntuale, diretta ed empatica non agevola solo il rapporto con la famiglia di riferimento ma anche con quelle che accederanno in tempi successivi al reparto, segnale ulteriore della crescente richiesta da parte di pazienti e familiari di ricoprire un ruolo attivo in un momento della vita così critico e spersonalizzante.
La tecnologia, della quale la scienza medica si avvale, allargherà nel tempo i suoi confini; ciò che deve rimanere immutato è il rispetto della persona e della vita che accompagna ogni respiro ad un pensiero ed ogni pensiero ad un’emozione...una rianimazione adeguata preserva il corpo con la sua mente.
BIBLIOGRAFIA
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3. Jastremsky CA: Caring for the families of those who die in the critical care unit. CCM 1998; 26/7: 1150-1151.
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6. Fins JJ, Solomon MZ: Communication in Intensive Care setting: The challenge of futility disputes. Crit Care Med 2001; 29/2 (Suppl): 10-15.